La distopia è un genere di cui solitamente si sa poco e che spesso viene ritenuto “di nicchia”.
La maggior parte delle persone quando ne sente parlare storce il naso, pensa a 1984 di Orwell, oppure non ha proprio idea di cosa si tratti. Eppure esiste un mondo affascinate e complesso dietro questa parola, che non include solo i grandi classici del ‘900, ma nasconde un’anima sorprendentemente contemporanea.
Negli ultimi anni, la letteratura distopica sembra infatti essere gloriosamente tornata alla ribalta, anche grazie ad alcuni successi mediatici di portata internazionale. Considerata a lungo genere di nicchia, la distopia si sta attualmente aprendo ad un pubblico enormemente vasto, in cui sono inclusi lettori di ogni età. Il suo punto di forza sembrerebbe essere lo scenario, drammatico e accattivante al tempo stesso, in cui vengono immerse le storie, il quale si dimostra capace di sviscerare le più profonde ed inconfessabili paure sociali dei lettori.
Messi di fronte ad una realtà che ci permette di rimanere aggiornati ventiquattrore su ventiquattro su tutti gli eventi – anche i più spaventosi – che sconvolgono ogni angolo del pianeta, la sensazione di sicurezza che ci avvolgeva un tempo è scomparsa e, allo stesso tempo, la distopia ha fatto il proprio ingresso trionfale.
Cosa accadrebbe se le nostre vite tranquille venissero improvvisamente scosse dagli eventi apocalittici cui sentiamo di assistere impotenti giorno dopo giorno?
La devastazione provocata dal conflitto, unita ad una società incapace di reagire, lasciano finalmente spazio all’iniziativa dell’individuo letterario. La sua unicità si dimostra fondamentale, il desiderio di non accettare passivamente le ingiustizie e di non omologarsi gli permettono di diventare colui che agisce, colui che sarà in grado di cambiare le cose.
Detto questo, cerchiamo di comprendere quali siano state le origini del genere e i cambiamenti sociali che hanno sollecitato il bisogno dell’uomo di immaginare futuri scenari di distruzione e sofferenza.
La distopia è nota, prima di tutto, per essere una forma di anti-utopia, o come detto da Kumar:
Potremmo anche dire, forzando un poco il discorso, che l’anti-utopia è in gran parte una creazione di uomini che hanno voluto rappresentare l’oscura osservazione del loro profondo e appassionato impulso utopico. Le loro anti-utopie sono nate da un senso di spirito utopico frustrato e messo in crisi. Né nella loro vita personale, né nel resto del mondo hanno visto qualche traccia dell’utopia che tanto avevano desiderato. L’anti-utopia è per loro una specie di rabbiosa vendetta contro le loro stesse speranze infrante, un ambiguo complimento fatto agli scopi nobili ma illusi dell’utopia.
E’ difficile pensare al concetto di distopia slegato dall’ideale utopico; le due forme letterarie sono vincolate ed è per questo che vale la pena di compiere un leggero passo in dietro e spendere due parole riguardo la letteratura utopica.
Il termine “utopia” venne coniato da Thomas More nel 1516, all’interno dell’opera Libellus vere aureus nec Minvs Salvtaris Qvam Festiuus de optimo reipublicae statu, deque nova Insula Utopia. La parola è composta da due voci greche: οὐ “non” e τόπος “luogo”, quindi l’utopia è letteralmente un “luogo che non esiste”. Altre interpretazioni fanno invece derivare la parola da ευ “buono” e τόπος “luogo”, facendo diventare l’utopia un “buon luogo”. Entrambe le interpretazioni appaiono appropriate, dal momento che l’utopia è l’invenzione di un luogo che non esiste, ma che per assetto politico, sociale e religioso viene considerato dallo scrittore un esempio di società ideale.
I primi esempi di racconti utopici sono individuabili già all’interno delle opere di autori come Platone, Plutarco e Cicerone, e proseguono durante tutti i secoli successivi. L’ideazione di mondi perfetti, privi di conflitti e sofferenze, non ha incontrato ostacoli fino al XIX secolo, quando le vicende socio-politiche hanno intaccato la visione positivista del futuro. Durante i primi decenni del Novecento infatti, con l’ascesa delle prime grandi potenze dittatoriali e il conseguente aumento delle tensioni internazionali che portarono in breve tempo ai due conflitti mondiali, la visione che l’uomo aveva del modo comincia a cambiare irreversibilmente, sgretolandosi, per lasciar posto a paure e angosce.
Alessandra Grohovaz