
Narrativa contemporanea, Narrativa italiana
Self published, Ilmiolibro
2016
Brossura
296

Chi sono i bravi ragazzi? Quante bugie è consentito raccontare in una vita? Dove si trova il virtuoso confine da non oltrepassare? Sole e alla ricerca di sé stesse, di un fidanzato inafferrabile e di un lavoro che latita ancora di più. Enrico cerca un equilibrio che forse non vuole davvero, ma che gli converrebbe trovare al più presto considerato il futuro che gli si prospetta. Benedetta è una ballerina bellissima, quasi perfetta, ma odia la danza classica. Sono tutti nella stessa barca e sicuri di naufragare in un mare agitato dalle troppe bugie raccontate. Non sono cattive persone, sebbene pratichino lavori poco ortodossi, frequentino brutta gente e nascondano segreti sconvenienti. Sono bravi ragazzi in fondo, nonostante tutto.
Cavalcando l’onda di un’Italia che non va
Le bugie dei bravi ragazzi si presenta così: con un titolo che giustifica inequivocabilmente i segreti di tre personaggi della storia. Enrico, Benedetta e Sole si mostrano agli altri solo parzialmente, nascondendo le loro debolezze anche a loro stessi, a tal punto da non considerarle come un problema ma solo come una parte privata della loro identità. Nessuno dei tre ha un impiego fisso, un avvenire definito, un sogno nel cassetto, un progetto da perseguire. E ad avere segreti in verità c’è anche Alessandro, quarantenne meno abile degli altri a tenere per sé le sue storie clandestine.
Ci vuole una certa dose di caparbietà per scegliere e affrontare un tema di questo spessore, per portare alla luce storie di giovani ragazzi resi senza valore da un ecosistema che li nasconde, per scoprire contemporaneamente un tessuto sociale che non ha modo di sollevare la testa né il morale. Ci vuole però garbo e attenzione per descrivere il baratro in cui si può venire relegati e niente può sostituire quell’obbligo di analisi a cui un autore che fa questa scelta deve adempiere.
Da un’autrice che ha già esordito con un primo romanzo ci si aspetta di più: una buona trama prima di tutto, della suspense, uno studiato percorso evolutivo dei personaggi. La lettura di Le bugie dei bravi ragazzi tradisce a malincuore queste premesse, rivelando la veridicità di quel luogo comune (per fortuna non sempre vero!) che i libri auto pubblicati siano di qualità discutibile. Gli errori grammaticali – perdonati da altre recensioni – interrompono e rallentano la fluidità della lettura, l’incoerenza dei personaggi rende difficile l’immedesimazione o anche soltanto l’empatia verso uno di loro, la struttura generale del romanzo tradisce le regole della buona scrittura risultando a tratti un po’ banale.
Caratteri senza volontà agiscono travolti dalle condizioni piuttosto che per reali intenzioni: di Enrico sappiamo che ha un lavoro illegale, che tiene alla raccolta differenziata ma che getta tranquillamente il mozzicone a terra, che un momento prima supplica una donna di stare con lui e quello dopo ne sceglie un’altra. Di Sole sappiamo che ha girato il mondo prima di relegarsi in una triste staticità che la rende benevola pur di conquistarsi qualcosa, di Benedetta sappiamo che il difficile rapporto con la famiglia e con l’alimentazione può scomparire da un momento all’altro senza un motivo specifico.
Sembra proprio che il volerli definire “ragazzi” sia un tentativo di non pesare mai davvero le azioni: non sono ragazzi, sono uomini e donne che dovrebbero ostentare responsabilità e caparbietà, grinta e decisione, o almeno possedere uno di questi valori. È troppo facile attribuire ad un’Italia impersonale la responsabilità del lavoro che non c’è, assegnando la causa di una condizione stagnante ad un luogo comune. E non è nemmeno credibile se chi lo sostiene annulla il proprio io a favore di un più facile appiattimento, affidandosi al cambio del vento come unica porta verso la libertà.
Chiara Tamburini